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Madame Acarie, discepola della Vergine Maria

È tornato un carmelitano a presentare quella grande figura mariana che è la beata Maria dell’Incarnazione.
Battezzata un 2 febbraio, allora festa della Purificazione della Vergine Maria, ma consacrata alla Vergine Maria, già prima della sua nascita, lei che ha detto "è bene morire figlia della Vergine, è bene morire carmelitana", ha lasciato questa terra un 18 aprile, mentre il campanile del convento suonava il Regina Coeli.
Tutta la sua vita si è svolta sotto il segno della Vergine Maria, sia per il culto cui si era votata (la preghiera, i pellegrinaggi, ecc.) sia con le grazie mariane che ha ricevuto, Nostra Signora avendola spesso visitata.
Sì, possiamo testimoniare con la madre Jeanne di Gesù Seguier: "Questa beata fu data da Dio a questo santo Ordine di Nostra Signora del Monte Carmelo riformato da S. Teresa, per la felicità e la benedizione di questo Ordine in Francia" .

MADAME ACARIE, DISCEPOLA DELLA VERGINE MARIA

Di padre Jean Gabriel RUEG, ocd Tolosa.

Poiché, come ha scritto André Duval, « (…) sotto la guida di Maria [è così che Andre Duval chiama Madame Acarie] e con la sua iniziativa, Dio ha introdotto […] nel nostro regno di Francia le Suore della Beata Vergine, fondate dalla beata Teresa e chiamate del Monte Carmelo, e attraverso di lei, [Egli] diffuse queste suore in tutte le parti del Regno » , vediamo come la Beata Maria dell’Incarnazione sia debitrice della sua santa patrona di tutte le grazie che seppe far fruttificare al servizio della missione del suo Ordine.

Maria al Carmelo

Soprattutto in tutto ciò che è, considerandosi come una scuola di santità mariana, il Carmelo ha voluto intendere il culto che lo vota alla Madre di Dio : la devozione a Maria è inutile se non si prova con tutte le forze ad imitare la Vergine dell’Annunciazione (un mistero al cui nome sono dedicati molti conventi dell’Ordine, assieme a quello dell’Incarnazione) per la quale la vita intera è stata quella di un « sì » continuo ad accogliere la volontà di Dio su di lei. Un culto mariano che implica il radicalismo della consacrazione, sull’esempio di ciò che è stato offerto interamente alla volontà del Padre e ci invita a nostra volta ad impegnarsi in un atto di amore e di fiducioso abbandono.

La Vergine Maria è la Madre del Carmelo, nella misura in cui essa genera i suoi figli e le sue figlie a emularla nel raggiungimento di questo culto vivente, « santo e gradito a Dio », di cui parla Paolo (Rm 12, 1), di questo « culto spirituale » che è quello di « offrirsi » per l’amore del Padre. La Madonna del Carmelo non rimanga un’immagine lontana e irraggiungibile; piuttosto, contemplare Maria e imitarla, è rispondere alla vocazione carmelitana nella sua ricerca di unione con Cristo, in Puro Amore, e di fecondità spirituale per la salvezza degli uomini. S. Teresa del B.G. l’aveva capito perché dichiarava alle consorelle, al termine della sua breve vita, che occorreva rendere la Vergine Santa, « non inaccessibile », come si tendeva a fare nel suo tempo, ma « imitabile ». Anche il Concilio Vaticano II ci invita a contemplare e ad imitare colei che « nella sua vita è stato il modello del sentimento materno che deve animare tutti coloro che collaborano nella missione apostolica della Chiesa per rigenerare gli uomini » (Lumen Gentium, n. 65).

La vita mistica, che è fondamentale per la vita carmelitana, è una vita vissuta sotto l’azione dello Spirito. Ora, vivere sotto l’ombra dello Spirito Santo è, sull’esempio di Maria, che fu tutta « adombrata dallo Spirito », secondo le famose parole di Giovanni della Croce, vivere in una fede amorosa che genera il Salvatore. Come ha scritto S. Ambrogio : « Ogni anima che crede concepisce e partorisce la Parola di Dio mediante la fede ». Una frase che si trova nel trattato Lumen Gentium, e che il Beato Titus Brandsma conferma : « Lo scopo della nostra vita mariana deve essere in qualche modo il diventare un’altra Madre di Dio, affinché Dio sia concepito e possa nascere in noi … ».

È dunque perché lei ha ricevuto nella sua pienezza il dono di Dio, la « Fiamma Viva » d’Amore in lei, e perché ha risposto alla sua chiamata impegnandosi pienamente con la sua azione trasformatrice, che Maria può essere considerata come il perfetto esempio non solo dell’anima carmelitana, ma di ogni anima cristiana.

Maria, educatrice di vita spirituale e modello di fede

Al Carmelo, Maria è onorata, non tanto con segni esteriori di devozione, ma con una vera devozione interiore che la rende una grande maestra di vita spirituale dei Carmelitani e delle Carmelitane. Perché Maria li ha preceduti nel cammino della vita spirituale autentica. La devozione filiale verso la loro madre, non ha altro scopo che di configurarli a Cristo. Del resto, questa devozione è spiegata nella preghiera della festa liturgica di Nostra Signora del Monte Carmelo : « Che la preghiera materna della Vergine Madre Maria venga in nostro aiuto, Signore : donaci, per la sua protezione, di raggiungere il vero monte che è Cristo, nostro Signore ».

La dipendenza filiale a Maria ha come obiettivo unico quello di unirci più intimamente a Cristo Sposo dell’anima. Una vita « Maria-forma » è sempre una vita « Cristo-forma », perché nessuna creatura sulla terra è stata e non sarà mai unita a Gesù come Maria lo è stata e rimane per tutta l’eternità. Ecco la grande intuizione della vera devozione a Maria al Carmelo. Lasciare che ci educhi, è partecipare con lei al suo atto di offerta all’Amore del Suo Figlio, è davvero entrare nella relazione mistica che Gesù desidera avere con ogni creatura umana che egli ha salvato con il suo sangue, sapendo che la Vergine Maria ha abbracciato in modo sublime il disegno del Figlio Redentore e che lei può, meglio di qualsiasi altra persona, permetterci di abbracciarlo a nostra volta.

Maria è la guida migliore che ci sia, la migliore educatrice della nostra vocazione battesimale e della nostra chiamata alla santità. È lo « stampo » di Cristo, per parlare come S. Luigi Maria Grignon de Montfort, che Lo forma in noi, perché lei è Colei che ha accolto la grazia nel modo più profondo.

Padre Francois de Sainte Marie ha così potuto scrivere  :

« (…) San Giovanni l’ha detto in un modo toccante e il dramma è eterno : « i suoi non l’avevano ricevuto ». Solo l’Immacolata Concezione, liberata dal più piccolo moto di compiacenza di sé, in una vera « capacità di Dio », ha potuto ricevere in ogni momento, nella sua totalità, il dono di Dio. Il fiat, che pronuncia il giorno dell’Annunciazione semplicemente traduce la disposizione continua della sua anima » (Vero Volto della Vergine, pag. 63).

« Disposizione continua dell’anima », che ci rimanda a S. Teresa del Bambino Gesù e a ciò che lei ha detto nell’infermeria a sua sorella Madre Agnese e che molti teresiani considerano la quintessenza della sua piccola via : « La santità non si trova in alcuna particolare pratica. Ma è una disposizione di cuore che ci rende umili e poveri davanti a Dio, consapevoli della nostra debolezza, del nostro nulla, e fiduciosi fino all’audacia nella sua paterna bontà ».

Sì, cosa assolutamente straordinaria, noi non siamo in grado di offrire a Dio che il nostro nulla. Il nostro nulla come capacità di accoglienza dell’amore di Dio. In « La scarpina di raso », il capolavoro di Paul Claudel, si trova una frase veramente meravigliosa su ciò. Don Camillo, che si oppone al mistero dell’Incarnazione, che non vuole credere che Dio è venuto nel grembo di Maria, nel grembo di una donna, chiede a Doña Prouheze : « Questo è il niente che Dio ha voluto in una donna? » Doña Prouheze ribatte con parole sorprendenti : « Che cosa gli mancava? » Sì, certo, che cosa manca a Dio? Nulla, ovviamente : è onnipotente, è infinito, infinitamente perfetto! Di che cosa può mancare se non del nostro nulla, del nostro nulla che si presenta davanti a lui come una capacità, una reattività, uno spazio dove può diffondere il suo amore. È questa l’intuizione profonda che governa la dottrina spirituale di colui che ha scritto che « l’amore di Dio non è soddisfatto se non si abbassa al nostro niente, per trasformare questo nulla in fuoco ». Ciò che Dio si aspetta da noi, ciò che gli manca in qualche modo, è che gli si offra il nostro niente di esseri umani mortali e di peccatori, in modo che possa placare il suo bisogno di dare, di espandersi, perché possa « lasciare traboccare in noi le onde di infinita tenerezza che sono bloccate in lui », scrive Teresa nel suo Atto di offerta all’Amore misericordioso del 9 giugno 1895.

Maria ci insegna, come lei ha saputo insegnarlo alla sua piccola suor Teresa, che la vita e la santità cristiana non sono una questione di punti buoni da accumulare, di cose da fare. Ma è l’apertura di tutto il nostro essere, il consenso per l’opera della grazia in noi; è offrire il nostro niente alle operazioni dell’Amore misericordioso. « Più si è poveri, senza desiderio o virtù, tanto più si è disposti alle operazioni trasformanti dell’Amore », Teresa scrive alla sorella Maria del Sacro Cuore.

Disposizione di cuore essenziale alla quale ci invita il piccolo fiore bianco di Lisieux, colei che ha voluto mettersi alla scuola di Maria per imparare il cammino verso l’infanzia spirituale e cantare senza fine le misericordie del Signore.

Come Maria, Teresa ci insegna a vivere l’accoglienza del dono di Dio, del dono della grazia, che ci rende giusti, santi, non a causa dei nostri propri meriti, delle nostre opere (San Paolo ci dice che non è per esserne orgogliosi), ma a causa della sola misericordia di Cristo e della sua sola grazia, a causa dei soli meriti delle sue beate Passione e Risurrezione. Ciò che Dio si aspetta da noi è che consentiamo con tutto il nostro essere – in una disposizione di cuore totalmente povera di noi stessi e confidando fino all’audacia nella bontà del Padre – alla nuova nascita nello Spirito Santo, che consentiamo di farci bruciare nel fuoco d’amore « che trasforma tutto in sé », come consentiamo nella fede a offrirci all’amore misericordioso fino alla comunione con la Croce di Gesù. « L’amore è tutto dare e dare se stessi », dice Teresa. Dicendo « sì » alla nascita della Parola di Dio attraverso l’azione dello Spirito nel suo grembo, Maria mette tutto il suo essere, corpo e anima, a disposizione del suo Dio. Il dono della fede implica il dono di se stessi … fino alla morte e alla morte di croce. Maria è inimitabile nel suo atteggiamento di fede. È un modello di fede, di fiducia in Dio e d’obbedienza a Dio, nonostante l’aridità e il buio del cammino.

È ai piccoli che sono confidati i più alti segreti del Regno (cfr Mt 11, 25-27). Alla piccola Maria, è stato dato il segreto del Padre, il Verbo incarnato. Perché lei ha detto sì con un’obbedienza di cuore tutta filiale, Maria ha conosciuto la pienezza della comunione con la volontà e la presenza divina. E Maria è Madre della Chiesa. In altre parole, Maria è colei che invita ciascuno di noi ad accogliere la vita divina e a farla fruttificare, lavorando con Cristo per la salvezza delle anime. « Essere carmelitana, Teresa ha detto. Essere tramite la mia unione con Lui (Cristo), la madre delle anime ». Come Maria, tramite la fede e la comunione dei santi, il cristiano fa nascere delle nuove membra di Cristo.

Tutti i cristiani sono invitati a imitare il « sì » mariano. Come giustamente dice Hans Urs von Balthasar : « L’unico atto fondamentale – l’atto della fede viva, che ama e spera – può accentuarsi in molti modi, e lascia quindi spazio a tante diverse spiritualità, ma tutte partono dal centro stesso e devono ritornare al centro : all’unico sì di Cristo, di Maria e dei membri della Chiesa, al sì che acconsente alla saggia decisione del Padre su tutti e su ciascuno; ma è lo Spirito Santo che produce l’unità dentro la decisione paterna e il sì che risponde (Maria, prima Chiesa, p.125, Mediaspaul 1998, 3 ° edizione).

Per tutti i grandi mistici del Carmelo, e per San Giovanni della Croce in particolare, anche se parla di lei sette volte in tutta la sua opera scritta, la Vergine Maria incarna in modo speciale l’anima-sposa unita a Dio e trasformata in lui. (Per Titus Brandsma, Giovanni della Croce è a questo titolo un « mistico mariano »). È quindi comprensibile perché il Carmelo si riconosca profondamente nel mistero di Maria, affinché possiamo dire che è « tutto mariano » (Totus Carmelus marianus est). I Carmelitani e le Carmelitane, che indossano il loro abito (« l’abito di Nostra Signora », dice Santa Teresa, nel prologo del Libro delle Fondazioni), hanno sicuramente rivestito la materna protezione della Madre celeste, ancor più, perché da Elia la veste lasciata in eredità rappresenta la parte spirituale lasciata ai suoi discepoli (la « parte doppia del suo spirito »), l’eredità profetica e mistica della Madre del Redentore, Colei che nel buio della fede, nel silenzio e nella solitudine, nel consenso umile di una vita liberata all’azione della grazia, nel martirio di un cuore che ama, partorì il Salvatore del mondo. È il disegno co-redentore che il Carmelo è chiamato ad abbracciare se vuole essere fedele alla eredità che Sua Madre gli ha affidato.

Madame Acarie e la Vergine Maria

Madame Acarie non deroga in nessun modo alla vocazione mariana del Carmelo contemplativo. Come vedremo in questa seconda parte, l’ispiratrice del Carmelo teresiano in Francia fu profondamente segnata, fin dalla sua giovinezza, con un sigillo mariano che l’usura del tempo non ha potuto cancellare. Già neonata, i genitori di Barbe Avrillot la consacrarono alla Vergine Maria :

« La nostra Beata Suor Maria dell’Incarnazione è nata al mondo da genitori illustri e nel legittimo matrimonio il primo di febbraio e fu battezzata nella festa della Purificazione della Beata Vergine, come mi ha detto più volte.

Suo padre, Nicolas Avrillot e sua madre, Marie Lhuillier, delle famiglie più illustri a Parigi, erano cattolici ferventi e di forte devozione alla Beata Vergine, e, vedendo che non potevano allevare i figli », « dopo averne avuto diversi che erano morti subito dopo la nascita », quando sua madre rimase incinta di lei, fecero voto di farle indossare abiti bianchi fino all’età di sette anni in onore della Santa Vergine ».

E questo voto fu veramente realizzato poiché la futura beata, dalla nascita fino all’età di sette anni, sarà vestita di bianco in segno di consacrazione a Maria, « di una stoffa comune per le persone di minore qualità » aggiunge Madre Maria del Santissimo Sacramento (Saint Leu).

Molto presto, dunque, vediamo la nostra futura beata marcata dal sigillo di Colei alla quale Barbe Avrillot si sarebbe presto votata con un culto senza ritorno né eccezioni. Sotto la direzione di una zia, una suora del monastero di Longchamp dell’Ordine di S. Chiara, dove Barbe fu messa a pensione dal settimo al dodicesimo anno, cominciò, ricorda Madre Francesca di Gesù, che fu una delle sue consorelle nel Carmelo di Amiens, « a gustare lo spirito di devozione, a servire la Santa Vergine e a meditare sul rosario da cui ha ricevuto grandi grazie, continuando la devozione per il resto della sua vita, come abbiamo osservato in questo convento mentre lei era lì ».

Rimarrà fedele per tutta la sua vita alla quotidiana recita del rosario, nonostante la sua difficoltà a pregare recitando. Questa fedeltà a volte la spingeva a dirlo a tarda notte, poiché le sue occupazioni non gliene avevano lasciato occasione durante il giorno. Si faceva anche accompagnare per raggiungere la fine.

Lei aveva, ci riportano, una fiducia molto speciale nella intercessione della Beata Vergine, che considerava « rifugio abituale in tutte le cose ». Quindi, prima di qualsiasi azione, « la si vedeva inginocchiarsi e recitare l’Ave Maria!  » . Prima di iniziare la preghiera, di solito consigliava o d’invocare lo Spirito Santo, come generalmente usano tutti i Carmelitani, o di recitare l’Ave Maria.

Ma prima di entrare nella clausura rigorosa del Carmelo allora appena introdotto in Francia, Barbe fu una madre premurosa nell’educare i suoi figli nella devozione mariana, come testimonia la figlia maggiore :

« Per i luoghi di culto dedicati alla Beata Vergine, vi si recava spesso a piedi, all’abbazia di Saint Victor la cappella sotterranea chiamata Nostra Signora della Buona Novella, al Tempio di Nostra Signora di Loreto e di Nostra Signora delle Virtù, a volte anche a piedi, anche se il fastidio alla gamba, non permetteva così spesso alla sua devozione di condurvela e se ne andava in carrozza, per due volte andò a Nostra Signora di Liesse. Non so se di più, ma a tutti i luoghi che dico, ho avuto l’onore di accompagnarcela. Si recò per devozione anche a Nostra Signora di Chartres, e credo a Nostra Signora di Saumur, ma non ne sono molto sicura.

In tutte le feste della Beata Vergine, noi andavamo a visitare la chiesa di Notre-Dame di Parigi. Digiunava in suo onore tutte le vigilie e tutti i sabati dell’anno, anche quelli in cui la Santa Chiesa permette di mangiare la carne, da Natale alla Purificazione. Incoraggiava tutti in famiglia ad avere devozione e ricorrere alla Beata Madre di Dio ».

Nel Carmelo, andrà a sostituire questi pellegrinaggi con delle visite agli eremi. In diciassette mesi di permanenza presso il Carmelo de Pontoise, fece costruire un eremo nella casa e costruirne un altro nel giardino, entrambi dedicati alla Beata Vergine Maria, e li visitava ogni giorno, come poteva, nonostante la sua infermità e le « grucce »!

Tuttavia, questa devozione mariana, come dovrebbe essere, resta molto cristocentrica. Testimoni riferiscono che non separò mai la santa Madre di Dio da Suo Figlio Gesù. La preghiera del Rosario ci fa meditare con la Vergine Maria tutta la vita di Nostro Signore. Durante le sue molte malattie, dei testimoni l’hanno vista « fare discorsi e preghiere così affettuosi a Nostro Signore e alla Vergine Madre di Dio, che ne eravamo felici ». « Cominciò a dire delle cose del tutto splendide sui meriti N.S.G.C e della Santissima Vergine, e molte ferventi preghiere per la Santa Chiesa, dimostrando che alla fine aveva un grande affetto per la gloria di Dio e l’accrescimento della sua Chiesa ». Ricordava, si dice, ciò che San Bernardo spiegava circa la celeste intercessione di Cristo e di sua Madre : « La Madre mostra a suo figlio G.C. che lei l’ha alimentato con il proprio latte, il Figlio mostra al Padre le sue ferite e il suo sangue, e rappresentando tutto questo a Dio, non possiamo che ottenere l’approvazione di quello che chiediamo ».

Pochi giorni dopo l’ingresso nel Carmelo di Amiens, come suora conversa nel 1614, scrisse alla sua amica la marchesa de Maignelay queste parole piene di gratitudine a Cristo e a sua Madre : « Mi trovo [nello stato religioso] con rammarico a vedermi così miserabile e povera di virtù, ma molto grata a Dio che mi dà un po’ di giorni per iniziare a ringraziare il nostro Signore Gesù Cristo e la sua Santa Madre di una così grande misericordia ». Sette settimane più tardi, prese l’abito di Nostra Signora e il nome di Maria dell’Incarnazione, che aveva ricevuto « tramite una rivelazione dal cielo per la pietà e l’amore che portava a questo santissimo mistero, principio e fonte della nostra redenzione ».

A una suora del velo bianco che le chiederà poi perché lei avesse cambiato il nome di una santa che godeva all’epoca di grande venerazione, rispose « con un sorriso : Sapevo bene che santa Barbara non si sarebbe irritata perché ho avuto il nome della Beata Vergine ».

Nel Carmelo, la sua riconoscenza e l’amore per la Madre di Dio non si prosciugarono, tutto il contrario. Il vestito che indossava per lei era il segno della materna protezione della Regina del Carmelo : « Lei baciava spesso lo scapolare per riverenza dicendo, oh quale misericordia di indossare l’abito della Vergine santa, o che io sono indegna, e ciò causava grande edificazione … a tutte le suore, animandole tramite le sue parole alla riverenza e alla riconoscenza della loro vocazione ».

Ad Amiens, quando si ammalò prima della professione, continuò a concentrare la sua attenzione verso il ritratto della Vergine che aveva chiesto che le si portasse, dicendo« a volte grandi cose sull’eccellenza della Santissima Madre di Dio e sulla felicità che abbiamo dall’averla per Madre dell’Ordine  ». . . Aggiunse una parola che ci edificò molto : la nostra Santa Madre Teresa disse alla sua morte è stato un bene morire figlia della Chiesa, e dico che è bene morire figlia della Vergine Santa, che è bene morire carmelitana  ».

VITA MARIANA

Michel de Marillac, nella sua testimonianza al processo ordinario, certifica l’autenticità delle apparizioni della Vergine e del Bambino a Maria dell’Incarnazione, così che « l’effetto di raccoglimento e di riverenza », che questo produsse in lei nel parlatorio del Carmelo de Pontoise dove lo ricevette l’ultima volta, dieci giorni prima della morte, la Domenica delle Palme 1618, gli fece stringere con lei una grande amicizia spirituale.

La Vergine e il Bambino Gesù : abbiamo qui una sorta di simbolo ideale di un atteggiamento spirituale della nostra Beata carmelitana, la cui straordinaria umiltà che è la sua forza, la conforma strettamente ai suoi due modelli.

Del Bambino Gesù, lei usava per dire alle consorelle : « Si è fatto piccolo per insegnarci a diventare più piccoli. Quando saremo piccoli ? ». Suor Maria del Santissimo Sacramento de Marillac conferma queste osservazioni, quando dice che la Beata carmelitana provava molto amore per la Santa Infanzia di Gesù » e a vederlo piccolo nella mangiatoia … A Natale, secondo il nostro costume, abbiamo fatto la rappresentazione (del presepe) che dura sei settimane. Questa Beata vi impiegava molto tempo ogni giorno. Lei talvolta era immobile e fuori di sé. A volte le hanno dato in braccio Gesù Bambino. Lo accarezzava con lacrime e sospiri così dolci e così pieni di innocenza che sembrava, a vederla, che fosse tutta trasformata in questa piccolezza divina. A volte, con un viso allegro, come se avesse voluto divertirsi con il piccolo Gesù, accendeva davanti a lui delle pasticche odorose.

Sembrava, in questa festa del Santo Natale, che non potesse contenere se stessa, che avesse voluto riempire la terra con gioia e esultanza. Diceva grandi cose di questo mistero divino, e nel fervore del suo discorso accendeva i cuori delle sorelle. Si vedeva bene che l’amore verso il Dio-Bambino le faceva dimenticare se stessa e tutto il resto, poiché come al solito è stata sempre molto attenta, tanto che non appariva in lei alcun segno esteriore della grandezza che Dio le comunicava interiormente ».

Questo amore del divino Bambino, tuttavia, non resta la sua sola devozione. Unito con un amore per la Vergine Maria, consente alla futura beata di intraprendere il cammino di umiltà che fu quello di Gesù e della sua amorevole Madre. In tal modo le prestazioni del suo lavoro quotidiano furono fatte da lei a imitazione di Gesù Cristo nella sua vita nascosta, come testimonia la sorella Jeanne de Jesus.

« Mi diceva meraviglie delle azioni sante di umiltà che il Figlio di Dio ha praticato sulla terra, specialmente durante i trenta anni, durante i quali non sono state dette altre cose di lui, se non che è stato sottoposto alla Vergine e San Giuseppe.

Ma soprattutto, l’umiltà del Figlio di Dio fatto uomo, sviluppa in lei ben prima di Teresa del Bambino Gesù, lo spirito dell’infanzia così caratteristico della carmelitana di Lisieux e dell’atteggiamento fondamentale del Carmelo teresiano, che abbiamo provato a descrivere nella prima parte del nostro articolo.

Diceva così :  » Dio permette delle frequenti cadute in un’anima, perché noi siamo alla ricerca di sostegno e di forza dentro di noi. Se ci separiamo da noi stessi, ci aspettiamo tutte le nostre forze da Dio. Egli non ci permetterà di cadere così spesso. Diceva che l’umiltà era lo spirito di verità che ci ha fatto vedere la verità di ciò che noi siamo, nella nostra miseria e nel nostro nulla. Diceva che non dovrebbe sorprenderci il vedere l’imperfezione in noi come il letame nella stalla perché è il luogo che gli è proprio, ma che c’era più da sorprendersi di vedere in noi delle virtù, soprattutto perché non sono di noi, ma di Dio ».

Da questa testimonianza dagli accenti teresiani, comprendiamo meglio come la « piccola via » che Teresa di Lisieux ha cristallizzato, e quindi universalmente trasmesso attraverso la storia della sua anima, formi come la disposizione di base dell’anima carmelitana. Maria dell’Incarnazione, non diceva forse al riguardo della pratica di umiltà, o della piccolezza della vita spirituale, che ella « amava le anime che sono andate a Dio per questa via che è la più breve e sicura ». Non si crederà già d’intendere Teresa che ci parla della sua  » piccola via molto breve  » ? Coscienti della nostra miseria, ma con la fiducia nella misericordia di Colui che può sollevarci, come dimostra questo passaggio dagli accenti ancora tanto teresiani :

« Non dobbiamo mai perdere il coraggio. Cosa? Che cosa siamo da soli? Pensate che ci possa essere qualcosa di buono in noi, se Dio non lo mette? Dovrebbe essere contento di vederci tali come siamo. Bisogna fare come quando un bambino è caduto per strada e ha tutto rovinato il vestito. Vede diverse persone, ma trova soccorso solo nelle braccia di sua madre, dove si getta. Eppure, anche se si aspetta che lo punirà. Perciò si deve fare così in ogni momento, in tutte le occasioni buttiamoci nelle braccia del nostro buon Padre che è Dio e abbandoniamoci alla sua misericordia.

Ma per un approfondimento di questo aspetto e del rapporto spirituale tra la fondazione del Carmelo in Francia e il nuovo dottore del Carmelo teresiano, si rimanda con profitto al magnifico lavoro del Sig. Bonnichon « Madame Acarie una piccola via all’alba di un grande secolo » (Edizioni del Carmelo).

Conclusione

Siamo tutti ben consapevoli che abbiamo solo abbozzato alcune caratteristiche salienti della vita spirituale di colei che, si è detto, fu « data da Dio attraverso l’intercessione della Beata Vergine per la felicità e la benedizione dell’Ordine del Carmelo in Francia ».

Abbiamo solo voluto sottolineare la centralità della Vergine Maria in tutto l’Ordine Carmelitano nella misura in cui la Madre di Dio costituisce non soltanto un sostegno materno, ma anche un modello di fede, fiducia, umiltà e dono di sé a ogni anima carmelitana. Madame Acarie l’ha misurato già « nel secolo » prima di viverlo pienamente prendendo l’abito di Nostra Signora nell’Ordine che, attraverso la sua determinazione, avrebbe fatto un grande sviluppo sulla nostra terra di Francia.

Questo quarto centenario le è dovuto come omaggio.

La maggior parte delle citazioni dei « detti o azioni » della Beata sono ripresi dal suo processo di Beatificazione.