Sguardi esteriori sulla Beata Sguardi esteriori sulla Beata :
L’ambiente dove terminò i suoi giorni
La sua statua nella chiesa
Sguardi interiori sulla Beata :
Una natura ricca volta verso lo Spirito
Una persona attiva per fare l’opera di Dio
Una vita di orazione: preghiera, umiltà e carità fraterna
Ai suoi tempi, Madame Acarie ha scelto magnificamente le buone direzioni. Si è investita molto profondamente delle responsabilità della sua famiglia, dell’esercizio di professioni difficili e dei luoghi di alta spiritualità. In questo, ci apporta una linea vera di condotta che dobbiamo ancora riconoscere al giorno d’oggi.
MADAME ACARIE : PAROLE E PENSIERI PER IL NOSTRO TEMPO
Conferenza de Bernard YON, vice-presidente
Introduzione
Immaginare tramite lo sguardo, madame Acarie, suor Maria dell’Incarnazione in religione, è ancora possibile oggi, perché il monastero dove visse negli ultimi anni è quello dove siamo, come l’ha fatto (parzialmente) costruire. Nella chiesa di questo monastero si può vedere la statua di marmo bianco che la rappresenta come suora carmelitana.
Questo monastero è costruito nello Spirito di santa Teresa d’Avila, spirito che madame Acarie ha assimilato esattamente : dimensione modesta per una comunità religiosa di una ventina di suore, edifici poveri e senza ornamenti, ma anche e soprattutto edifici belli e di felici proporzioni. Si sente subito l’occhio di una donna di gusto che conosce bene l’architettura classica della Parigi dell’epoca ma che fa costruire senza niente di troppo né sontuosità. Il portale dell’entrata n’è uno degli esempi più visibili : le imposte di quercia sono piacevolmente scolpite con un decoro di volute evocanti degli arazzi ricadenti con delle pieghe armoniose, ma in un bassorilievo che conserva loro una sobria eleganza. Il portale della chiesa, al tempo della restaurazione del monastero nel XIX secolo, è stato rimontato su un telaio di traverse di quercia, ma i pannelli, XVII, sono divisi in un sapiente assemblaggio di numerosi e piccoli rinforzi modanati alla moda spagnola, testimoni modesti ma manifesti del legame di questo monastero alla Spagna dell’epoca di santa Teresa d’Avila. Forse il gran portale che unisce la corte all’entrata nella clausura, è più « utilitario », ma è anche un bell’assemblaggio di traverse e di pannelli briosi, nella parte superiore di forma trapezoïdale per bene aggiustarlo alla centina arrotondata dell’architrave fatta da un bellissimo apparato di pietra. Questo portale è fatto come una gran porta maestra (cocchiera) del XVII secolo parigino.
Madame Acarie era nemica della sporcizia e rifiutava la trascuratezza nell’entrata dei luoghi : « Eh suore mie, diceva, la maggior parte dei santi hanno amato la pulizia ! ». E anche : « La pulizia e il buon ordine esteriore di una casa sono l’impronta che vi è lo Spirito di Dio ». Il monastero che vediamo oggi è ancora così, nonostante l’interruzione della sua occupazione da parte delle carmelitane per 28 anni, di seguito ai decreti dell’Assemblea Nazionale del 2 novembre 1789 che trasformò i beni del clero, in « beni nazionali » e il decreto del 29 ottobre dello stesso anno che sospese i voti solenni monastici e che portò all’espulsione finale delle monache il 30 settembre 1792.
La statua che rappresenta la religiosa carmelitana, Maria dell’Incarnazione, ha una storia che ha un interesse per la nostra comprensione attuale. E’ probabilmente opera dell’eccellente Bordoni, e fu commissionata nel 1626 (o sia otto anni dopo la morte di Maria dell’Incarnazione) dalla madre Jeanne di Gesù, superiora, mentre la Regina madre, Maria dei Medici donò il marmo « con permesso allo scultore di scegliere nel magazzino reale ». L’opera che abbiamo ancora sotto gli occhi era sistemata al sommo di un mausoleo che era stato costruito per presentare ai pellegrini molto numerosi, la cassa contenente i resti della religiosa. La statua rappresenta Maria dell’Incarnazione in preghiera inginocchiata su un inginocchiatoio. Nella distruzione della rivoluzione, il feretro è stato salvato in maniera straordinaria da Jacques di Monthiers, Signore di Nucourt e la cassa e la statua (senza l’inginocchiatoio) sottratti alle rotture ma non si sa né da chi né come. Felicemente cassa e statua sono state ritrovate semplicemente al loro posto nella cappella laterale ma spogliata del mausoleo.
Il volto pieno e raccolto che ci rappresenta la statua, lascia percepire l’interiorità profonda di Maria dell’Incarnazione. Gli occhi abbassati, quasi chiusi, sono disegnati senza alcuna ruga e l’arco delle sopracciglia è liscio e ciò rende il volto ammirevole di dolcezza. Il profilo da un’impressione di giovinezza fisica e d’immensa maturità contemplativa. Tutti i contemporanei di madame Acarie hanno lodato la sua bellezza. La statua enuncia bene questa bellezza, ma in più, fa vedere la bellezza dell’interiorità che si manifesta nei tratti distesi, in un’armonia del volto e in un certo ritrarsi dal mondo per una contemplazione interiore infinitamente più ampia.
L’attitudine, a prima vista, è di una semplicità quasi ordinaria, inginocchiata sotto il suo mantello da coro, la monaca prega a mani giunte davanti a lei. Ora, a guardare più lungamente, si percepisce l’intenso lavoro dello scultore che vuole rendere da questo potente masso di marmo, lavorato con una cura molto fine, il corpo in preghiera, inclinato dolcemente “in prima” (altre volte in appoggio sull’inginocchiatoio), in completo ritrarsi sotto l’impresa del pensiero. Senza dubbio l’infermità della quale soffriva madame Acarie a seguito di una grave caduta di cavallo al suo ritorno da Luzarches nel 1596 e di due altri incidenti che sono seguiti nel 1597 e 1598, le rendeva la posizione a ginocchio malagevole, per non dire di più. La statua sembra suggerirci che sotto questo gran drappo del mantello di coro, la religiosa ha conservato, in effetti, una leggera rigidezza nella sua attitudine perché l’infermità non le permetteva di piegare agevolmente né l’anca né il ginocchio.
Le mani infine sono giunte in un gesto di bontà e di totale offerta. L’attitudine del corpo aiuta a rendere questo gesto ancor più manifesto : mani tese verso Colui che contempla il suo sguardo interiore. Le dita sono usurate, le unghie rase, i pollici deformi, tutto questo senza dubbio dall’intenso lavoro delle mani – che madame Acarie, anche diventata monaca, non cessava di fare per gli altri.
Il vestimento e soprattutto il cappellino e il velo, sono fini, e ciò è reso nel marmo ! lo scultore ha marcato nella sua opera le pieghe sottili della tela bene inamidata e fa vedere quanto la monaca abbia avuto cura di non sgualcirle vestendosi. Sì, la pulizia che madame Acarie voleva negli edifici si legge anche sul suo vestimento. Le carmelitane oggi sono sempre fedeli a questa cura perfetta.
Ecco dunque le « constatazioni esteriori » che si possono ancora fare ai nostri giorni. Esse non vanno incontro a ciò che i biografi hanno ritenuto, e occorrerebbero ancora molte pagine per dire tutto ciò che ha colpito i contemporanei di madame Acarie. Ma questa presentazione è più modesta nel suo obiettivo. Vorrebbe solamente esaminare qualche pista che potrebbe in seguito dare luogo a più lavori di refezione e ricerca per rischiarare il volto, il vero volto interiore di madame Acarie-suor Maria dell’Incarnazione. Le tre piste ritenute sono :
- una natura ricca rivolta verso lo Spirito.
- una persona attiva per fare l’opera di Dio.
- una vita d’orazione : preghiera, umiltà e carità fraterna.
La cronologia della vita di madame Acarie non sarà fedelmente seguita (monsieur Picard ha fatto questo lavoro in maniera molto precisa) ma le sue parole, i suoi atti e le testimonianze numerose, che sono stati raccolti per il processo di canonizzazione aperto dall’aprile 1622 (morì il 16 aprile 1618) serviranno a mostrare ciò che furono la sua natura, la sua persona e la sua vita d’orazione. Le citazioni in corsivo e in grassetto sono quelle delle parole che sono state raccolte dalla beata. Non si possiede che pochissimi scritti di sua mano; in un atto d’umiltà (che vorremmo comprendere nella conclusione) ha bruciato tutti i suoi scritti spirituali. Solo sussisteranno qualcuna delle lettere che ha scritte agli uni e agli altri della sua famiglia e del suo entourage.
1. Una natura ricca rivolta verso lo Spirito.
I biografi e gli storici hanno descritto l’epoca nella quale nacque la bambina della famiglia Avrillot e che ricevette il nome di Barbe. Sua madre ebbe un primo figlio Filibert che morì in piccola età, poi altre nascite ma nessun bambino sopravvisse e, incinta un’altra volta, fece voto alla Vergine e a San Claudio, che se il bambino viveva, di vestirlo « di drappo bianco con una cuffia bianca alla maniera della povera gente ». Senza dubbio oggi nessun genitore darebbe al loro neonato il nome di Barbe (se ne danno altri che sono pretenziosi fino al ridicolo e che non hanno sfortunatamente più alcuna relazione con un santo patrono), né non lo vestirebbero di drappo bianco, ma la povertà (non la miseria) è una prima impronta che la piccola riceve da sua madre. Il battesimo a Saint-Merry nel 1566 farà di lei una bambina di Dio. La costruzione di questa chiesa cominciata sotto Francesco I, non sarà compiuta che verso 1612 ma conteneva una cappella dedicata a santa Barbara, testimone delle devozioni popolari dell’epoca. Questa chiesa, rivolta verso la gente d’un quartiere della vecchia Parigi, al fine di conservare il ricordo di colei che vi fu battezzata, consacrerà una cappella alla beata Maria dell’Incarnazione e l’ornerà d’affreschi e di un quadro che, al di sopra dell’altare, la rappresenta. Tutto questo si può vedere oggi.
Si è confusi a leggere il genere d’amore che la madre darà alla sua bambina :
« sua madre non faceva alcun conto di lei, la riteneva una figlia grossolana e di malvagia grazia e umore, la trattava con parole e effetti molto rudemente; perfino non voleva che s’avvicinasse al fuoco, nonostante fosse freddo. E di più il corridoio dove si vestiva era vicino ad una porta della quale usciva un vento che la attraversava e la intirizziva tanto dal freddo che i piedi le gelarono così forte che si fu costretti a metterla tra le mani dei chirurghi che le tolsero le ossa delle dita per guarirla, e ciò le causò grandi dolori come occasionalmente ci ha detto qualche voltaTémoignage de Marie Acarie, fille aînée de madame Acarie. ».
O ancora : « A tavola le si servono i pezzi di carne più grossolani. Molestata senza tregua, non testimoniò né noia né malcontento ». Ha la dolcezza che dà una forza vera. Madame Avrillot (madre di Barbe) non decifra punto gli elementi soprannaturali di questa serenità. Crede sua figlia rozza e di malvagia grazia : « grosse bonnière » la chiamava »Frère Bruno de J.M., La Belle Acarie, p. 19.. Che voleva dire esattamente la madre di Barbe con « grosse bonnière » ? non si sa esattamente perché il termine non è più nel nostro linguaggio corrente (non è più nel dizionario di Littre), ma l’espressione peggiorativa suona ancora forte alle nostre orecchie!
E’ importante, così sembra, guardare da vicino quest’infanzia, tanto prossima alle particolarità dell’epoca. Senza volere insistere troppo, bisogna subito rilevare quattro tratti che ebbero un grandissimo peso nella vita spirituale di madame Acarie :
- Abituata molto giovane alla povertà e alla sofferenza fisica,
- Sottomessa con rispetto e serenità alla volontà ingiusta di sua madre,
- Visse l’aridità senza rivolta né altra compensazione umana,
- Serenità e dolcezza che le vengono da molto più lontano.
Un’altra religiosa del Carmelo, Maria Angelica di Gesù (1893-1919), ha dovuto anche lei lottare terribilmente in se stessa per accettare l’autorità di sua madre, autorità abusiva. Scrive : « desideravo di sapere ascoltare tutto [da parte di mia madre] con un cuore dolce e tranquillo. Questa grazia Gesù me l’accordava ordinariamente così come quella di non essere mai turbataPaul Marie de la Croix, Montée d’une âme d’Oraison, p. 57. », e sua madre si irritava contro lei : « È una figlia impossibile, non se ne trovano d’uguali! »Flamme de Joie, p. 32..
Dopo la nascita di Barbe vennero ancora tre altri figli che vivranno tutti ma che non occuparono alcun posto nella vita della beata. Questa famiglia non s’unisce e i fratelli, così sembra, lasciarono la loro sorella nelle difficoltà della vita senza portarle soccorso, neanche morale. Dunque ai punti precedenti, si può aggiungere senza dubbio che Barbe ha conosciuto molto presto, una grande solitudine interiore nel piano dei primi affetti umani.
Per l’educazione dell’adolescenza, i suoi parenti la affidano, secondo un uso datante al Medioevo e ancora in vigore all’epoca, ad un’abbazia, Nostra-Signora di Longchamp dove sua zia L’Huillier vi è religiosa (il titolo esatto è « il monastero delle suore minime dell’Umiltà della Nostra-Signora »). Questo monastero vive secondo la spiritualità di santa Chiara. Di questo monastero, fondato nel XIII secolo dalla beata Isabelle di Francia, suora di San Luigi, non resta quasi più niente dopo la distruzione fatta dai rivoluzionari : solamente, in questo che è il bosco di Boulogne d’oggi, una torretta in rovina e due archi gotici. La giovane Barbe arriva in questo monastero verso l’età di 11-12 anni e vi resterà tre anni. I testimoni di questa epoca danno della giovane Barbe una descrizione importante :
- Coscienza molto diritta e desiderio inflessibile di verità,
- senso profondo della mancanza (che assimila sempre al peccato) e attitudine a vincere se stessi,
- sensibilità alla miseria altrui,
- amicizia (specialmente con Andrée Levoix incontrata in questo monastero) e fedeltà.
Le giovani ragazze, pervenute all’età di 14-15 anni, dovevano, in generale lasciare il monastero per « entrare nel mondo », secondo l’espressione del tempo, oppure chiedere la loro ammissione al grande noviziato per diventare religiose in questo stesso monastero secondo l’uso di tutti i monasteri medievali.Christian Feldman, Hildegarde de Bingen, p. 32. Barbe si era interrogata su se stessa e i testimoni ci fanno relazione della profondità della sua anima e del suo desiderio di consacrarsi interamente al Signore.
La madre di Barbe, da un pezzo, aveva deciso che sua figlia non sarebbe stata una suora. Fedele alla sua autorità imperiosa, decise di ritirarla da Longchamp e farla rientrare in casa dove ci sono ora tre piccoli fratelli. Barbe ha dunque dei progetti che tenta vanamente di fare approvare dai suoi parenti : servire i poveri forse curando i malati a l’Hotel-Dieu. Questo periodo non fa che accentuare il conflitto tra Barbe e i suoi parenti che sognano per lei il matrimonio, allorché lei stessa approfondisce la sua vita di preghiera e la sua vita spirituale e attende dal Signore l’orientamento della sua esistenza. Non si sa bene come questa evoluzione si compia, perché, come detto sopra, gli scritti spirituali sono stati distrutti, ma sarebbe stato istruttivo conoscere meglio l’anima di questa adolescente e di vedere come si sia progressivamente aperta all’ispirazione dello spirito. Tuttavia è a questa epoca che dei testimoni riportano : « Volgendo gli occhi verso l’interno di se stessa, vide che tutto era instabile, caduco, vano… niente che d’inferiore al nienteFrère Bruno, op. cit. p. 17. ». Non ci si può impedire di accostare questo all’esperienza di santa Teresa del Bambino Gesù e del santo Volto dove parla del suo soggiorno ad Alençon proprio prima della sua prima comunione : « e vedo che tutto è vanità e afflizione di spirito sotto il sole »Histoire d’une âme, p. 76.. Si nota anche che Barbe « gira gli occhi nel suo interiore », come la statua di Bordoni ci rappresenta genialmente, e che in questa epoca scopre che : « Eccetto Dio tutto è vanità, tutto passa ».
Sembra che, nonostante l’età, tutto ciò che costituirà la personalità eccezionale di madame Acarie sia già a posto. In cima a tutto, un senso già provato della vita in Dio con una natura interamente disposta a questo. Si può discutere per lungo tempo sullo sforzo che Barbe ha dovuto fare :
« Dio non accorda la sua grazia agli uomini per sopprimere momentaneamente le funzioni e gli obblighi della natura, ma la dona bene alla natura per mettersi al servizio della grazia iniziale – e la buona azione si produrrà con tanta più agevolezza – o bene, nel caso in cui la natura sarebbe portata a resistere, vinta tuttavia e domata dalla grazia, il suo merito nell’azione sarà ancora più rimarchevole quanto l’azione era più difficileThomas More, La tristesse du Christ, p. 39. ».
Barbe sembra essere dalla parte delle nature che s’accordano piuttosto facilmente alla grazia soprattutto perché è cresciuta in una grandissima aridità all’interno della sua famiglia. Altri casi dipendono dalla sorte, per esempio suor Maria Angelica di Gesù scriverà su di sé : « m’accorsi che per rendermi l’esilio sopportabile, Dio m’aveva fatto nel mondo una grazia che non avevo riconosciuta : quella di non avere che pochissimo a lottare contro la mia natura…999- Flamme de Joie, p. 42. ». Ma che non ci si inganni, la volontà dovrà servire, senza dubbio molto largamente, sia per non lasciare lo Spirito farsi intimidire e confondere dalle forze del male (Giovanni Maria Vianney e, più vicino a noi, Padre Pio, ne sono degli esempi), sia per fare l’opera che Dio vuole dal suo servo.
La prima prova manifesta che Barbe sormonterà magnificamente, è la decisione che i suoi genitori le impongono di farla sposare all’età del 16 anni. Altri, prima e dopo lei, hanno resistito sia per volontà contraria a quella dei genitori, sia per richiamo interiore violento, o le due cose insieme. Barbe, come disse la sua parente Seguier : « si sposò d’obbedienza »Témoignage de Jeanne de Jésus Séguier..
2. Una persona attiva per fare l’opera di Dio.
Pierre Acarie è scelto per sposo e il matrimonio è celebrato durante l’estate 1582, Barbe avendo allora sedici anni e mezzo. Nella società diventa così madame Acarie, che è la maniera la più frequente di chiamarla. Certo la disposizione al matrimonio di questa giovane ragazza non è classica perché scriverà in una delle rarissime lettere che abbiamo : « Poiché i miei peccati m’hanno reso indegna del titolo di sposa di Gesù-Cristo, occorrerà che mi contenti d’essere la sua serva in uno stato inferioreFrère Bruno, op. cit., p. 24. » e più tardi, quando sarà monaca, in un’altra lettera : « Entrando in religione [nel senso di vita consacrata] c’è molto da ricevere da Dio. Ma restare al secolo con le disposizioni e i desideri che vi ha donato [il gusto del chiostro] confesso che è dargli molto»id. citation précédente..
àpoco differente da ciò che si crede di comprendere : « d’obbedienza… ma piuttosto di disegno di Dio»Frère Bruno, op. cit., p. 26.. Sì, l’obbedienza ai suoi genitori è un disegno di Dio agli occhi di Barbe; dirà, in effetti, più tardi alle sue figlie : « Non conviene ad una figlia bene allevata di annoiarsi in compagnia di sua madre, né d’avere un’altra volontà che la suaFrère Bruno, op. cit., p. 252. ». Si ritroverà questo stesso sentimento d’obbedienza a suo marito e alle sue superiore al convento, alle quali dirà : « Madre mia, la verità è che dopo che sono qui, vi ho sempre tenuto per mio Gesù-Cristo in terra a causa del rango che aveteFrère Bruno, op. cit., p. 541. ». Questa obbedienza è per lei l’osservanza del disegno di Dio. Di quale volontà propria potrebbe avvalersi per andare contro ?
Così Barbe rinuncia alla sua scelta e segue ciò che l’obbedienza le prescrive di fare, obbedienza in cui percepisce la volontà di Dio e senza dubbio ciò sarà più difficile. Pierre ha personalità ed è un uomo che i biografi hanno ampiamente descritto, a volte con dei giudizi contraddittori. Ma Pierre e Barbe, come la gente del loro tempo, credono al matrimonio e certamente credono anche all’amore che può nascere tra gli sposi. Notiamolo, queste sono delle idee che non datano da lungo tempo, dalla fine del Rinascimento al più, in rottura con quelle dell’età precedente. Christine di Pisan (1365-1430), giovane vedova, dichiarava di non volersi rimaritare in alcun caso poiché la sorte di una donna maritata era « spesso peggio della prigione presso i Saraceni », e non è dir poco !
Pierre e Barbe, dall’inizio della loro unione, vissero un vero amore coniugale, preso in senso moderno, che li illuminerà tutti i due. È un matrimonio riuscito a dispetto di certe tensioni inevitabili in tutte le unioni.
In questo periodo in cui il matrimonio di molti è intristito, in cui altri non possono prendere grandi impegni, in cui, infine, la legislazione sul Pacs passa in seconda lettura all’Assemblea Nazionale il 12 ottobre 1999, legislazione che darà la sua legittimità a tutte le specie d’unioni, è bene guardare l’esempio di Pierre e di Barbe. Ci mancheranno sempre i dialoghi che vi furono tra gli sposi per rientrare nel significato che hanno dato alla loro coppia. Ma anche senza ciò, si può rilevare dai molto ammirabili tratti che mostrano, quanto il Signore sia delicato in ciò che fa nei cuori di quelli che si mettono a sua disposizione per fare la sua opera. Vediamo, nei limiti di questo testo, di rilevare solamente due fra molti altri.
Nella grandissima attività che dispiegherà madame Acarie, suo marito Pierre si sente un po’ trascurato, e se ne apre ad un religioso di fama. Quest’ultimo interviene presso la sposa e secondo la testimonianza di uno dei suoi parenti, intimo amico della coppia (Michel di Marillac), questo religioso « le comandò… d’essere più contenuta in questa deferenza [verso suo marito] e che si tenesse in freddezza con suo marito un mese intero ». Ecco un religioso che sentenzia deciso veramente in sfavore di Pierre, che fu il querelante in questa storia ! ma anche ecco un religioso imprudente nei suoi consigli e fortunatamente madame Acarie ha vero cuore per suo marito perché il testimone prosegue : « questo comandamento così espresso la spaventava e la richiamava a rientrare nella freddezza, perché voleva obbedire e obbedì e me ne comunicava [qui nel senso di « parlare », vedere il primo paragrafo della conclusione] molto sinceramente, ma questo combattimento non poté durare. Il rispetto e l’amore la pressavano talmente che fu costretta a dire a questo personaggio [il religioso-consigliere] lo stato nel quale era la sua anima e la rimise in libertà di fare ciò che Dio le consigliava ». Senza dubbio il consiglio del Signore sarà stato d’amare suo marito e non di mettere tra loro una freddezza artificiale, una sorta di sanzione.
In tutte le azioni straordinarie fatte da madame Acarie, ci fu quella di venire a visitare questo monastero di Pontoise, accompagnata da suo marito. Immediatamente le suore le domandano di potere intrattenersi con lei, che acconsente. Senza dubbio gli intrattenimenti dovevano essere lunghi, ma ad un certo momento, una delle suore viene a farle sapere che monsieur Acarie, sistemato senza dubbio nel locale a destra dell’entrata, è solo. Immediatamente, senza neanche terminare l’intrattenimento che aveva cominciato, ritorna verso Pierre per fargli compagnia. Metteva questo dovere per primo, davanti a quello delle visite e ciò dimostra che non era una « religiosa mancata». Come dirà Michel di Marillac : « credeva di dovere più alla contentezza di suo marito che al suo interesse [nel senso di ciò che le interessa] ».
Con suo marito, avrà sei bambini : Nicolas, Marie, Pierre, Jean, Marguerite, Geneviève, e non ne perderà alcuno. Precisamente, all’inverso di ciò che fu la sua infanzia, circonderà i suoi di un grande affetto. L’educazione che dispensa è molto stretta e si possono notarvi due punti particolarmente salienti :
- un apprendimento precoce al dono,
- un attaccamento senza interruzione ad affermare la verità e a non mentire mai.
Le testimonianze si sono grandemente applicate a mostrare questi due punti. A volte, con una severità che la nostra epoca non userà più, queste due grandi virtù sono tuttavia state instillate nella vita dei bambini Acarie con una grande dolcezza (non esente da fermezza) e una grande costanza. Nicolas si sposerà con Maria d’Huguenat il 4 gennaio 1606. Dalla sua sposa avrà una piccola Maria, cui sua nonna si affezionerà particolarmente (ne riparleremo alla fine di questo esposto). Tuttavia questa coppia così come quella di Jean darà vive preoccupazioni a madame Acarie, che scriverà alla figlia Maria, già in religione : « … Ci basta che abbiate cura davanti Dio di noi, … e vi ricordiate dei vostri due fratelli e cognate, vi raccomando questi più particolarmente degli altri, credendo che ne abbiano più bisogno ». E : « …pregate per i vostri due fratelli che sono nel mare del mondo e in grande pericolo di farvi naufragioFrère Bruno, op. cit., p. 463. ».
Suo marito non fu sempre facile nonostante il grande amore che l’univa a lei : « Aveva qualche piccola pena del fatto che un grande numero di persone di tutte condizioni, grandi e piccoli, uomini, donne, ragazze, religiosi e secolari, venissero nella sua casa per parlare a sua moglie e che le si inviassero delle lettere da tutte le partiAndré Duval, Biographie de madame Acarie. ». Questo biografo, benevolente, è obbligato a notare : « Si lamentava di quelli che andavano a casa domandando di madame Acarie e non di lui, dava incarico ai suoi servitori di dire loro che non c’era e spesso anche trattava male in sua presenza le persone di merito che venivano a chiederla ». Ma, con rassegnazione e forse un piccolo sorriso in un angolo, dirà infine ad un ecclesiastico : « È una cosa molto scomoda avere una moglie così virtuosa e di così buon consiglio »Frère Bruno, op. cit., p. 195.. La ragione di questo cattivo carattere è senza dubbio « dovuta alla grande amicizia che le portava, non la vedeva abbastanza al suo grado. E temeva che dal troppo lavorare lei si ammalasseFrère Bruno, op. cit. p. 482. ».
Questi elementi della vita familiare, educazione dei bambini, preoccupazione delle coppie sposate, marito scontento, mostrano un aspetto certamente molto importante della formazione delle qualità umane di madame Acarie. In ogni caso, risolve le difficoltà con dolcezza e pertanto senza mancare all’imperiosa obbligazione che sa di venire dalla volontà di Dio su lei. Queste qualità umane la servono grandemente in tutto il discernimento delle anime di cui parleremo alla fine di questa sezione.
Ma la sua formazione umana è anche nel dominio stretto degli affari e del materiale. La più straordinaria è certamente la rovina subita dalla famiglia, dovuta all’esilio di Pierre da parte d’Enrico IV. I biografi e gli storici hanno largamente documentato questo periodo e in questo esposto non è utile ricordarlo. Tuttavia si è ancora stupiti che la sua povertà divenga subito estrema e che la giovane madame Acarie, da un lavoro intelligente, bene diretto e senza dubbio molto importante, pervenga a ristabilire la fortuna della sua casa : aveva appena 30 anni ! E’ certo che questa responsabilità e la riuscita della sua azione le hanno insegnato i meccanismi della società civile in cui vive. Sul piano sociale, durante il periodo d’infortunio, ha ricevuto il disprezzo di persone che altre volte erano state sue ammiratrici, al tempo in cui era ricca. Tutto questo, a dire il vero, non l’ha particolarmente segnata perché la sua personalità profonda era già completamente formata, ma l’ha confermata nelle sue competenze e attitudini interiori.
Non ci si può impedire di vedere un grandissimo disegno di Dio nell’azione che madame Acarie intraprende da allora sul piano religioso. Consultata da tutte le specie di gente, è impegnata nella Riforma di numerosissimi monasteri. La lista è impressionante e comprende Le Figlie di San-Luigi dell’Hôtel-Dieu di Pontoise. Ed è nel 1601 che, durante l’orazione, santa Teresa d’Avila l’avvertì che voleva introdurre il Carmelo in Francia con la sua intermediazione. E’ ben noto come tutto ciò sia stato realizzato in un indugio alla fine molto breve : è il 15 ottobre 1604 che le religiose spagnole giungono a Parigi, cioè tre anni e mezzo dopo il primo mandato di santa Teresa d’Avila.
Madame Acarie, in questo lasso di tempo, ha fatto costruire il primo monastero nel faubourg Saint Jacques. Le religiose spagnole « non possono impedirsi di ammirare il talento di madame Acarie ». Gli altri edifici nuovi che s’aggiungeranno non saranno apprezzati come i primi « vedendoli così grandi, esse dissero che [il monastero] non era ben fatto, né piccolo come doveva essere, conforme al nostro Ordine e istituto, essendo di quarantotto celle quando ne occorrevano che venti ». L’errore non si ripeterà nelle fondazioni seguenti, la prossima essendo a Pontoise.
Quale sia l’importanza dell’errore commesso, si è obbligati a costatare che madame Acarie prese una responsabilità considerevole, ma, totalmente fiduciosa in Dio, lavorò con la certezza che il progetto sarebbe arrivato alla fine. E non si è ingannata, o piuttosto, il Signore non l’ha ingannata. A Pontoise farà lo stesso e « aveva lo Spirito così capace per tutti gli affari e anche per tutti i mestieri e arti meccaniche che sembrava che avesse appreso ogni specie d’opere e mestieri e conosceva le mancanze che vi si commettevano. E ciò la faceva ammirare da tutti e anche amareMarie du Saint-Sacrement de Saint-Leu. ».
A quelli che nutrivano un dubbio diceva : « gettando un’occhiata a Dio, occorre mostrargli la nostra debolezza e chiedergli la forza »Jeanne de Jésus Séguier.. Così si riceve da lei questa meravigliosa massima : « lasciava fare alla Provvidenza divina come se non ci fossero mezzi umani e lavorava come se non ci fosse Provvidenza divinaMarie de Saint-Joseph. ».
Questa donna poteva prendere in carico un tale progetto perché era sposata. Fosse stata donna sola o solamente religiosa, i diritti delle donne dell’epoca non le avrebbero probabilmente permesso simile impresa. Di più, ebbe bisogno di una grande competenza negli affari giuridici e finanziari per concepire e condurre questo affare ed è certo che la rovina di suo marito e il ristabilimento della fortuna familiare tramite le sue cure furono una preparazione eccellente per questo. Così non si può che guardare con un occhio meravigliato, la saggezza di Dio che ha fatto di Barbe una donna maritata (l’obbedienza di Barbe prende qui un senso ancora superiore) e, tramite delle vicissitudini straordinarie, l’ha preparata a intraprendere l’opera che voleva realizzare. Una volta ancora, il piano di Dio apparirebbe qui con tutta la sua saggezza, non urtandosi con gli usi di un’epoca, ma al contrario nell’utilizzarli e preparare con una cura particolare colei che destinava a realizzarlo. Madame Acarie al Carmelo, riceverà il nome, tanto giusto, di Maria dell’Incarnazione !
Donna, non poteva intraprendere il viaggio dalla Spagna, né probabilmente condurre la delicata negoziazione che permetterà l’arrivo delle suore spagnole. Il suo giovane cugino, Pierre di Berulle, è dunque stato il cooperatore efficace in tutto questo affare e, malgrado certe rivalità che senza dubbio sono tanti sbalzi nel disegno di Dio, fu un attributo essenziale del dispositivo montato da lui. Una volta ancora, si è totalmente turbati di scoprire la maniera con la quale Dio fa fare le cose sulla terra ! Oggi non accade differentemente, se non che le donne hanno più diritti di prima. Il Signore ha donato a madre Teresa, per esempio, di fare la sua opera direttamente, senza le complessità provenienti dall’antico statuto delle donne.
3. La vita d’orazione : preghiera, umiltà e carità fraterna.
La giovane sposa, bella e ammirata, si è forse lasciata tentare per qualche tempo dallo spirito del secolo. Certo non si può dire di cose gravi e che equivarrebbero a un abbandono del buon cammino : un poco di toilette, forse una sensibilità ai complimenti di qualche uomo affascinato dalla sua bellezza e dal suo charme, qualche lettura di romanzi riprovati in questa epoca. Un romanzo di successo dopo il 1540, tradotto dello spagnolo : « il primo libro di Amadigi di Gaula che tratta delle molteplici avventure d’armi e d’amori che ebbero la maggior parte di cavalieri e dame, tanto del Regno della Gran Bretagna che d’altri paesi » è tra le sue letture. Il romanzo cade tra i mani del marito che è profondamente scosso al pensiero che la sua giovane sposa metta la sua anima in pericolo con delle letture che giudica malvagie. Ci sarebbe da dire su questo punto ma notiamo che l’amore prende un posto nuovo, e ciò è un grande cambiamento in rapporto alle epoche anteriori (si legge per esempio presso George F. Coulton, Chaucer e la sua Inghilterra, che all’inizio del XIV : [a Beauvais una legge obbliga gli uomini a non battere loro mogli « che con misura e a proposito », e questo significava già un enorme progresso]). L’epoca è fervente di questo nuovo genere di letteratura, lo prova anche l’immenso successo degli « Amori » di Ronsard, gentiluomo vendômese, dei quali la prima edizione completa è edita da Nicolas il Rous a Rouen nel 1557.
Tuttavia, Pierre, nello spirito del suo tempo, veglia al bene spirituale della sua sposa. Sottrae il libro e lo rimpiazza con dei libri pii. Questa è una narrazione che si è trasmessa nelle biografie ma che non è ritenuta dagli storici attuali (par esempio Pierre Miquel nel suo San Vincenzo de Paoli mostra una madame Acarie che legge da se stessa i grandi autori spirituali dei XIV e XV secoli). Quale che sia la maniera per cui i libri di pietà sono pervenuti fino a lei, in uno di loro, Barbe legge questa frase tratta dalla spiritualità di Sant’Agostino : « troppo è avaro colui al quale Dio non basta » che la riporta alla via diritta che aveva seguito fino ad allora.
Questa frase, bisogna dirlo, è un po’ oscura nel linguaggio d’oggi. Comprende due negazioni che vogliono rendere l’affermazione molto sottolineata. Questa affermazione, alla fine è che Dio basta e che tutte le altre possessioni sono un fatto di avarizia [nel senso d’attaccamento ai beni materiali]. Ripeterà questa frase per tutta la sua vita e al Carmelo di Pontoise a una delle sue suore : « troppo è avaro colui al quale Dio non basta. Contentiamoci »Sœur Marguerite de Saint-Joseph (Langlois)..
La scoperta di questa pensiero le fa cambiare la vita e, come dice molto giustamente monsieur Picard, s’orienta secondo due pensieri principali :
- quando si da il suo tempo a Dio se ne trova per tutto il resto.
- Lo Spirito di Dio non è punto ozioso. Le persone che non vogliono far niente non hanno vero orientamento spirituale.
Il primo pensiero è simile a quello che esprimerà più tardi un’altra giovane ragazza, Edith Stein, che diverrà, anche lei carmelitana, suor Benedetta della Croce : « Dal mattino, dal risveglio, i compiti e le preoccupazioni ci sollecitano… Agitati, si vorrebbe precipitarvisi. Bisogna riafferrarsi allora, dirsi : calma ! tutto a suo tempo ! La prima ora della mia giornata appartiene al Signore. E’ lui che mi darà la forza di compiere il compito che m’affida… Signore, che cosa vuoi da me ? » ed è così che Edith costaterà che avrà sempre il tempo di fare tutto ciò che deve fare. L’esprime in questi termini : « faccio ciò che posso. Ma la nostra potenza del lavoro sembra accrescersi con le necessità. Se non c’è niente d’urgente, cessa molto più velocemente. Il Cielo se ne intende per gestire le nostre forze… » e ancora « Entrare in contatto con Dio dal mattino, come se non si avesse niente altro da fare, per ricevere di Dio la missione particolare di ogni giorno ». Questa maniera di guardare il lavoro per fare l’opera di Dio ogni giorno, è quella di madame Acarie.
Il secondo pensiero è più particolare ma anche quanto vero ! L’epoca non è lontana dalla nostra in cui molta gente pensava che ci si faceva monaco o monaca per avere una vita tranquilla « al riparo dal mondo e dal chiasso » (come dice Jean de La Fontaine), per le ragazze soprattutto, di nascondere una pena di cuore troppo crudele. Suor Maria dell’Incarnazione è veramente molto chiara a questo riguardo e va fino all’estremo per estirpare questa falsità, lei, grande conoscitrice dell’anima umana quando dice : « Madre mia, state in guardia che i meno interiori sono i più negligenti e che s’esentano, se possono, da tutto il lavoro. Ci sono qualche volta delle anime desiderose d’andare all’orazione, ma è piuttosto per riposarsi che per occuparsi con nostro SignoreChroniques du carmel de Pontoise. ». E dette al semplice obbligo del lavoro un valore essenziale. La testimonianza di suor Anne di San Lorenzo è molto istruttiva a questo riguardo :
« una volta avevo impiegato bene del tempo a cercare qualche cosa e siccome vi ero ancora, l’orazione suonò. Fui a chiedere [alla beata] che opinione aveva su ciò che dovessi fare, se andare all’orazione o se cercare ancora… « Suora mia, penso che dobbiate cercare ancora : se quello fosse perduto, sarebbe contro la santa povertà. È buona orazione l’adempiere ai vostri obblighi ».
Quando si tratterà della « santa carità », San Vincenzo de Paoli non dirà altra cosa alle Figlie della Carità, riunite intorno a Luisa di Marillac e che s’inquietano per sapere se è male avere troppo da fare al punto che a volte il tempo dell’orazione è accorciato.
Dei doni particolari sono stati fatti dal Signore a madame Acarie e i più straordinari sono certamente l’estasi e le stimmate (invisibili). Monsieur Picard ha parlato di questi due doni (la prima estasi avendo probabilmente avuto luogo tra luglio e novembre 1590) e che sono stati ricevuti da lei in uno spirito di grandissima prudenza. In effetti, queste manifestazioni molto straordinarie hanno dato dell’inquietudine a madame Acarie che si è naturalmente posta la questione di sapere se ciò venisse bene da Dio.
Avendo dapprima nascosto le sue estasi, se ne aprì sotto il sigillo del segreto al cappuccino inglese, Benedetto di Canfeld, si crede durante l’estate del 1592 : « La fece ritrarre dai suoi dubbi e le fece vedere che tutto ciò che passava in lei era di Dio e degli effetti della grazia ». Poi fu nel 1593, probabilmente, che ricevette le stimmate (invisibili) alle mani e ai piedi. Il padre Coton scriverà a questo riguardo : « aveva le stimmate nel suo corpo in tale maniera che in certe ore e specialmente i venerdì e sabati e i giorni di Quaresima, sentiva fortissimi dolori ai piedi, alle mani, al costato e nella testa, come se li avesse forati e sospesi52525- Pierre Miquel, Saint Vincent de Paul, p. 141. ».
Bisogna rilevare che questi doni sono stati ricevuti con prudenza e tenuti nascosti dalla giovane madame Acarie. Ciò è una impronta supplementare della loro autenticità. Un grandissimo mistico stigmatizzato dei nostri tempi, Padre Pio, anche lui ha ricevuto questa misteriosa e grande prova nel silenzio e l’ha tenuta il più possibile nascosta :
« I giorni passano e Padre Pio è sempre malato… quando circa un mese più tardi, durante una conversazione che ha luogo di azzardo nella cella di frate Pio e al momento in cui gli porta dei vestiti adatti, [frate Gaetano] scopre tra i drappi un piccolo capo di biancheria imbevuto di sangue. Cerca di comprendere… E’ solamente qualche tempo dopo che comincia a capire che Padre Pio nasconde un grande segretoEnrico Malatesta, Padre Pio, p. 61. ».
Certo, per il comune dei mortali è difficile di comprendere il cammino di simili persone. Tuttavia nel caso di madame Acarie, siamo incoraggiati perché rimane una donna maritata, e avrà, dopo questi doni misteriosi, ancora tre bambini, Jean, Marguerite e Geneviève, e vivrà le prove della rovina familiare e gli incidenti che la renderanno inferma. Una vita certamente di sofferenza che proseguirà al Carmelo : « A Amiens [il primo Carmelo dove entrò suor Maria dell’Incarnazione], siccome soffriva delle notti di grande dolore, la madre Isabelle di Gesù-Cristo era in grande pena, non sapendo che farle Valence de Marillac.». Visse anche dei momenti di grandissima sofferenza interiore e davanti alla sua rovina, suo marito costretto all’esilio, ecco ciò che riporta un testimone : « Barbe Acarie pensa che è perduta, che i suoi beni l’hanno abbandonata per sempre. Nacque nello spirito un dolore così acuto, un gemito così profondo che provoca degli arrossamenti e delle grida interioriEdmond de Messa. ».
A guardarla, i suoi contemporanei hanno potuto pertanto notare che accettava di discendere nella sua propria sofferenza senza reticenza, senza ripiegarsi su sé, senza amarezza, conservando un volto sereno e disteso, quello che abbiamo visto nella sua statua. Ha anche offerto questa sofferenza, e certamente, con un atto d’offerta che papa Giovanni Paolo II ci ricorda di fare ancora oggi, ha capito il fermento di resurrezione che è attaccato all’obbedienza oblativa di sé, identicamente a quella del Cristo nella sua passione. Queste frasi tentano di dire ciò che madame Acarie ha potuto vivere nella sua coscienza, ma bisogna ammettere che lei sola sa ciò che la sua attesa interiore della luce della resurrezione ha potuto essere attraverso la propria discesa nella sofferenza fisica e morale.
Essere capace di rinunciare a sé richiede una grande umiltà. Madame Acarie era certamente una persona umile, molto umile. Le testimonianze abbondano per mostrare il suo sentimento profondo e lei stessa ha lasciato delle parole radicali : « quando mi guardo, mi vedo così miserabile che mi sembra che io sia come un cane che non serve a niente e che mi si deve cacciare dalla casa di Dio… senza che possa o osi compiangermi o dire perché mi si tratta così, perché sento e riconosco veramente che tutto ciò m’è dovuto e ancora di piùSa fille Marie. ». Parlerà di se stessa ancora come « un rospo tutto gonfio d’orgoglio » e si dispererà nei giorni che precederanno la sua morte con queste parole veramente crudeli per se stessa : « questo non sono più io. Tutto è perduto. Sono un’anima avvilita »303030- Agnès de Jésus (des Lyons).. Che si possa veramente comprendere ? ciò che si sa è certamente all’opposto di ciò che abbiamo progressivamente scoperto di questa persona attiva, efficace, rivolta verso Dio, vicina ai suoi e al prossimo. No, lei « non serve a niente », non deve « essere cacciata dalla casa di Dio », non ha « un’anima avvilita ».
Al contrario è una luce gioiosa, una bellezza che Dio ha trasfigurata, una notevole donna attiva e, più di tutto, una testimone verificata delle delicatezze infinite del Signore verso gli uomini sue creature. Allora perché suor Maria dell’Incarnazione ha detto queste frasi ? Le scienze umane e la psicanalisi in particolare, avrebbero velocemente dato una interpretazione : « gusto della degradazione di sé fino al masochismo ». Gli autori religiosi hanno tutti rimarcato che i santi avevano una meschina idea di loro stessi [è così, per esempio, che interpreteranno le frasi violente che Maria Angelica di Gesù – citata precedentemente in questo testo – scriverà su se stessa]. Pensiamo che il giansenismo sia germogliato su delle radici molto lontane nella nostra storia religiosa e che il misticismo del XVII secolo, per bello che sia, n’era già contaminato.
Che cos’è l’umiltà ? una disposizione della nostra anima verso l’accoglienza dello Spirito Santo e della grazia che ne proviene. L’atto d’umiltà più grande che conosce la nostra umanità è quello della Vergine Maria che lo dice in un linguaggio di una bellezza che sorpassa tutte le altre parole umane : « il Signore si è chinato sulla sua umile serva » e che cosa è successo ? Ebbene : « Ormai tutte le nazioni mi diranno beata ». All’immagine di Maria, la grandissima, suor Maria dell’Incarnazione (chiamata sulla terra), nel cielo, può dire in verità e a sua volta, fuori dai miasmi del giansenismo in germinazione : « Sì, il Signore si è chinato, alla sua maniera, sulla sua umile serva » e attestarci che la nostra età può dire di lei e a causa di ciò « ormai è beata ». Ci piacerebbe molto essere già al suo posto !
L’umiltà per l’umiltà non conduce a niente. Non ha di senso che in rapporto alla grazia ricevuta di Dio e questa grazia è dapprima, prima tutto e per sempre, carità. Madame Acarie fu una persona caritatevole verso tutti e verso il suo prossimo in particolare, impronta indubitabile e impronta superiore a tutte le altre, della sua vera santità. Sua suocera madame Simon Acarie, che ama molto sua nuora, durante l’assedio di Parigi nel 1590, la vede distribuire tutto il superfluo della casa ai poveri perché la miseria cresce. Questa suocera vuole che Barbe sia prudente, e prende delle precauzioni nel fare delle riserve. Certo Barbe non vi si oppose formalmente ma trova eccessive le riserve che si vogliono fare e vuole distribuirne una parte. Madame Simon Acarie s’oppone allora alla nuora e le dice che farà nascondere questa riserva e Barbe le risponde : « Fatela bene nascondere in un luogo dove non lo sappia perché se la trovo, non potrò impedirmi di darla ai poveri bisognosi »Marie de Saint-Joseph (Fournier).. Questa carità in azione si potrà vederla durante tutta la vita di madame Acarie e l’associerà intesa alla pratica della povertà. Suor Maria dell’Incarnazione dirà in effetti : « siamo obbligati dalla santa povertà a guadagnare la nostra vita » e ancora : « siamo poveri, i poveri non lasciano perdere niente», volendo con questa frase servirsi del minimo pezzo di ciò che sia – un piccolo pezzetto di pane, un piccolo pezzetto di filo, l’acqua del lavaggio delle scodelle, etc. le suore del Carmelo hanno attualmente la stessa attenzione alle cose e n’abbiamo raccolto numerosi indizi nel corso degli ultimi venti anni. Sarebbe indecente dirli, ma tutti hanno un grandissimo significato quanto all’umiltà e alla povertà vissuta nel quotidiano e nella vita pratica di tutti i giorni.
La sua carità è attiva per gli altri, quelli che vuole sostenere e quelli che sono posti sul suo cammino, specialmente gli operai che hanno lavorato alla costruzione dei monasteri. Fu una donna molto «sociale», forma eminentemente moderna dell’esercizio quotidiano della carità. Monsieur Picard si propone di lavorare a questa pista e di mettere in relazione la dottrina sociale della Chiesa e l’attitudine di madame Acarie. Ciò sarà molto interessante, poiché la carità nelle relazioni sociali e del lavoro, oggi passa probabilmente dalla messa in opera di questa dottrina sociale.
La carità nell’ordine delle cose materiali fu certamente grandissima presso madame Acarie, ma non si è limitata a questa. Il sostegno morale dei poveri e delle anime provate ha preso una gran parte del suo tempo.
Con la sua amica Andrée Levoix imparò ad ascoltare gli altri, e ciò le donò un grandissimo discernimento nelle anime. Oserà dichiarare, in tutta verità e serenità dell’anima, a proposito di una postulante : « Se dipendesse da me, non ne vorrei per niente ». È così che : « faceva più caso ad un’anima che camminava in verità, vale a dire con candore e sincerità, senza ritorno d’amor-proprio, che a qualche altra che sembrava più esaltata e meglio esercitataTémoignage du père Coton. ». Ciò che ricercherà soprattutto di discernere : « essere attenta a Dio, camminare con più semplicità e franchezza, percependo le proprie imperfezioni, convertirsi a Dio, non farsi saggi da se stessi ma dare luogo alla graziaTémoignage de Marie du Saint-Sacrement (de Saint Leu). ».
Uno dei segreti per comprendere la vita di madame Acarie è senza dubbio questo : « non farsi saggi da se stessi ma dare luogo alla grazia ». Questo proposito tutto semplice, si avvicina alla fine a quello d’Edith Stein : « in fondo non c’è che una piccola verità che ho da dire : come bisogna arrangiarsi per vivere con la mano nella mano del Signore »Conrad de Meester, p. 42..
Semplice ma facile; si sa per Edith, suor Benedetta della Croce. Per madame Acarie ciò non fu facile, ma qui è il dono estremo. Sua figlia Maria c’illumina su questa disposizione radicale del suo essere : «sopporterei volentieri tutte le specie d’imperfezioni in un’anima, ma vederla non avere fiducia in Dio e non punto volere servire all’abbandono di sé, è cosa che mi è insopportabile». È già molto bello non sopportare una mancanza di fiducia in Dio, ma lei stessa, fu completamente così ?
La piccola Maria, la figlia di suo figlio Nicolas e di Maria di Huguenat, morì proprio dopo il decesso del suo sposo Pierre e poco prima l’entrata al Carmelo d’Amiens. Il Signore, nei suoi propri bambini, le aveva risparmiato la prova sempre molto dura di perdere uno di loro, ma ecco che la nipotina, amata, vezzeggiata, che aveva preparato alla sua prima comunione, ecco che lascia questo mondo prematuramente. In che modo si visse in ciò « la mano dentro la mano del Signore » ? la testimonianza di Jeanne di Gesù Seguier è laconica : « che Dio l’abbia tratta a sé in questa piccola età, sebbene l’amasse molto, n’era stata contenta ». Questa testimonianza non ci restituisce che l’esteriore di questa eccezionale madame Acarie. In quest’anima ammirevole, si pensa naturalmente al testo d’Emanuele Mounier, di una densità spirituale che conviene a madame Acarie e che corrisponde in fondo alla testimonianza di Jeanne di Gesù :
« quale senso avrebbe tutto questo se la nostra bambina non era che un pezzo di carne distrutta non si sa quanto, un poco di vita accidentata, e non questa bianca piccola ostia che ci sorpassa tutti, un’infinità di mistero e d’amore che ci abbaglia se lo vediamo di fronte in faccia… se non facciamo che soffrire, subire, indurire, sopportare, non teniamo e manchiamo ciò che c’è domandato. Dal mattino alla sera, non pensiamo a questo male come a qualche cosa che c’innalza, ma come a qualche cosa che noi doniamo, al fine di non demeritare di questo piccolo Cristo che è in mezzo a noi… non voglio che perdiamo questi giorni, perché ci dimentichiamo di prenderli per ciò che sono : dei giorni pieni di una grazia infinitaEmmanuel Mounier, Lettre à sa femme, mars 1940. ».
Non è altro che così che madame Acarie poteva « essere contenta » della partenza della sua piccola Maria all’età di sette anni circa.
4. In forma di conclusione.
Madame Acarie non amava la menzogna e al contrario le piaceva al di sopra di tutto la verità. Sapeva che il termine di comunicazione all’epoca dei grandi umanisti che aveva probabilmente letti, voleva dire « comunicazione verbale ». Si poteva dunque parlare di « comunicatio sermonis » per esempio. Questa comunicazione, Tommaso Moro ed Erasmo la giudicavano come vera, lo scritto in cambio poteva sempre essere soggetto a deformazione. Si può formulare l’ipotesi che madame Acarie, con la sua preoccupazione di verità assoluta, e che ebbe numerosi intrattenimenti con le persone di tutte le specie, abbia pensato che fosse più vero il non lasciare degli scritti dopo di lei; da qui il suo atto di distruzione.
Gli storici hanno ben posto la vita della coppia Acarie nel suo tempo che è quello della fine delle guerre di religione, ma trascinato da « l’eresia », e quello di una grandissima miseria del popolo dovuta alle guerre e alle carestie. Jacques Callot ha illustrato questi orrori in alcune incisioni che restano delle vivide testimonianze di questo tempo. Si comprende l’urgenza della carità materiale alla quale madame Acarie ha dato tanto dei suoi mezzi e del suo tempo. Tuttavia quest’epoca è quella dei grandi avanzamenti scientifici, Galileo pubblicò nel 1610 il suo opuscolo Siderus Nuncius, e di grandi avanzamenti missionari, che generarono delle mescolanze di culture. Per esempio, madame Acarie è contemporanea delle prime persecuzioni del Giappone e più particolarmente di Nagasaki, dove San Paolo Miki e i suoi compagni furono sacrificati nel 1597. Questi due aspetti fanno anch’essi parte del tempo in cui visse.
Il mondo della sua epoca, come il nostro oggi, è tra verità e menzogna. E pertanto questo mondo sta in piedi. Perché ? Indubbiamente perché vi sono ancora dei santi fra noi. Ma perché ci sono anche tre luoghi privilegiati che danno forma al nostro mondo
- La famiglia luogo del primo amore per i bambini, a misura dell’amore mutuo degli sposi,
- Le grandi professioni, medici, avvocati, ricercatori, architetti, ingegneri, capi d’impresa e le professioni volte verso il bene degli altri, professori, giudici, poliziotti, assistenti sociali, etc. Esse sono il luogo dove la carità attiva verso il prossimo può esercitarsi, eventualmente attraverso la dottrina sociale della Chiesa,
- i luoghi di spiritualità e in primo la Chiesa e le sue attività caritative : i focolari di carità di Marthe Robin, l’arca di Jean Vanier, l’Aiuto alla Chiesa in miseria del padre Werenfried, etc. Così tutti i luoghi dove Dio è cercato lealmente.
Madame Acarie ha scelto magnificamente le buone direzioni e ha lasciato le altre da parte. In effetti si è allontanata dalla politica, mentre suo marito vi era preso fino al collo, dal potere, al quale era vicina nella vita mondana della sua epoca. Tutto ciò forse l’ha tentata per qualche breve istante. In cambio si è investita molto profondamente nella sua famiglia, nell’esercizio di professioni difficili : architettura, direzione di lavori, finanza e applicazione del diritto, e nei luoghi d’alta spiritualità. In questo ci apporta una vera linea di condotta che dobbiamo ancora riconoscere oggi.